Tmb Salario, impianto da 234mila tonn. rifiuti: ecco a cosa serve

Da anni al centro di proteste dei comitati cittadini

DIC 11, 2018 -

Roma, 11 dic. (askanews) – Da anni migliaia di cittadini sono costretti a tenere le finestre chiuse per la puzza costante e si battono per la chiusura dell’impianto. Denunciano bruciore agli occhi, alle narici e alla gola, tosse e dermatiti e il valore degli immobili si è più che dimezzato. In più, i dati dell’ultima relazione di Arpa Lazio sui flussi e sul funzionamento dell’impianto di Trattamento Meccanico Biologico di Via Salaria a Roma, certificano, secondo le associazioni ambientaliste, il malfunzionamento nella gestione dei rifiuti dell’impianto.

“Il Tmb Salario è diventato una discarica, ora lo certificano i dati, raccontando con chiarezza che in uscita sono troppe le tonnellate non trattate che aumentano i miasmi” aveva denunciato qualche settimana fa Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio. Si tratta dello stabilimento di proprietà dell’Ama in cui vengono selezionati, trattati e stoccati rifiuti indifferenziati. Si trova in via Salaria 981 di fronte alle abitazioni di Villa Spada, a 50 metri dalla prima casa, a 150 metri da un asilo nido. Ama è autorizzata ad accettare presso l’impianto Tmb, una quantità pari a 234.000 tonnellate di rifiuti l’anno, corrispondenti ad una media di circa 750 tonnellate al giorno. L’osservatorio permanente sul Tmb spiega che l’impianto di Trattamento meccanico biologico ha lo scopo di separare la frazione secca dei rifiuti indifferenziati da quella umida.

I rifiuti vengono sminuzzati e separati in due flussi: il “sopravaglio”, costituito dalla frazione secca prevalentemente inorganica (carta, cartone, plastica e legno). Dopo diversi processi, viene trasformata in Cdr (combustibile derivato dai rifiuti). Il “sottovaglio”, che rappresenta la frazione umida di matrice essenzialmente organica che viene trattata per essere trasformata nella Fos (frazione organica stabilizzata). Il processo di trasformazione in Fos è piuttosto lungo: il sottovaglio viene deferrizzato e inviato in apposite vasche collocate all’interno dell’edificio di biostabilizzazione dove subisce un processo di fermentazione per 28 giorni consecutivi. In questo modo la frazione organica viene stabilizzata e diventa FOS. Successivamente la FOS viene raffinata (vengono separati gli eventuali scarti ferrosi e di plastiche che non siano stati trattenuti dai precedenti trattamenti) e al termine di questo processo il materiale risulta pronto per essere utilizzato anche nelle coperture di rifiuto in discarica. All’interno dello stabilimento, sempre secondo l’osservatorio, ci sono alcune aree utilizzate per la trasferenza e lo stoccaggio dei rifiuti organici e indifferenziati.