Fratture da fragilità, un piano d’azione per gestire l’emergenza

Mancano terapie mirate e continuità assistenziale

DIC 3, 2018 -

Milano, 3 dic. (askanews) – In un’Italia sempre più popolata da anziani, le fratture da fragilità rappresentano una emergenza sociale. A Milano a Palazzo Giureconsulti è andato in scena un incontro organizzato da Ucb per fare il punto della situazione sul fenomeno: solo nel 2017, si sono verificate circa 560mila nuove fratture, numero destinato ad aumentare del 22,6% entro il 2030.

Ma cosa sono le fratture di fragilità? Lo ha spiegato Francesco Falez, Presidente Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) e Direttore U.O.C Ortopedia Ospedale Santo Spirito a Roma: “Le fratture sono quegli eventi traumatici di minore intensità che determinano la lesione scheletrica dell’osso in delle regioni ben circoscritte, come il femore prossimale, l’omero, il polso distale e le vertebre. Dove è la necessità di agire tempestivamente? Specialmente nel collo del femore agire tempestivamente significa dare in tempi molto brevi una capacità di ritorno alle funzioni al paziente”.

La tempestività non basta. Il paziente più fragile è proprio quello che ha già avuto un’altra frattura e per lui si sta facendo troppo poco in termini di continuità assistenziale spiega Maria Luisa Brandi, Presidente Fondazione FIRMO e Direttore SOD Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo, all’azienda ospedaliero universitaria (A.O.U.) di Careggi, Firenze. “Credo che quello da cui dovremmo partire per le fratture da fragilità è scrivere le linee guida da parte dell’Istituto superiore della Sanità”, ha spiegato a margine dell’incontro “linee guide in cui dovrebbero essere inclusi percorsi assistenziali che dovrebbero essere obbligatori; nei percorsi assistenziali c’è la valutazione del paziente non soltanto dal punto di vista chirurgico, ma anche una valutazione dal punto di vista farmacologico in modo che il paziente possa prevenire una seconda frattura da fragilità, visto che abbiamo farmaci che lo prevengono fino al 70%”.

Fondamentale anche la prevenzione, ha sottolineato Maurizio Rossini, Professore Ordinario di Reumatologia, Università degli Studi di Verona: “Sicuramente la prevenzione parte dall’informazione: il fatto di sapere che una frattura che non doveva accadere in condizioni normale, come alzare il vaso di fiori, girare il materasso, appoggiarsi a un balcone e rompersi una costola, è un campanello per cui bisogna allertarsi e capire se c’è condizione di osteoporosi e eventualmente trattarla”.

E ripensare le prospettive di cura e trovare nuovi approcci terapeutici è proprio lo scopo dell’incontro organizzato da Ucb. “Siamo una realtà biofarmaceutica globale in 40 paesi con 7500 dipendenti, proveniente da 70 nazionalità diverse e con un ratio di donne e uomini 50 e 50, quindi una azienda moderna”, ha spiegato Pasquale Impesi amministratore delegato di Ucb Italia. “Abbiamo due centri di ricerca e siamo impegnati oltre che nella frattura di fragilità, che è un’area nuova per noi, nel settore della neurologia, epilessia e immunologia – ha continuato – Ucb collabora con Amgen sin da 2004 nello sviluppo di un farmaco un anticorpo monoclonale, Romosozumab, che ha la particolarità di avere due effetti: da un lato favorisce la ricostruzione ossea dopo la frattura e nello stesso tempo diminuisce il riassorbimento osseo causato dall’osteoporosi”.

Dall’incontro è emersa anche l’importanza della tutela dei pazienti, che devono essere consapevoli delle cure a cui hanno diritto.