Genova, gli sfollati della zona due ore nelle case

Un abitante di via Porro: prenderò solo foto e i ricordi più cari

OTT 18, 2018 -

Genova, 18 ott. (askanews) – A Genova la zona rossa è tornata a vivere, anche se solo per poche ore. Dopo quel maledetto 14 agosto, le prime delle 281 famiglie sfollate di via Porro e di via Fillak a seguito del crollo di Ponte Morandi, hanno potuto infatti tornare finalmente nelle proprie abitazioni per recuperare beni ed effetti personali dopo che i sensori installati sui due monconi del viadotto rimasti in piedi hanno fornito dati positivi sulla stabilità della struttura.

Le operazioni di rientro, che dovrebbero durare circa 13 giorni, saranno però sospese nel caso in cui le condizioni meteo peggiorassero o nel caso in cui i sensori dovessero rilevare dei movimenti sospetti. Tanta commozione e poca voglia di parlare per i primi sfollati che intorno alle 9 di questa mattina hanno varcato le transenne che delimitano la zona rossa e sono tornati nelle proprie case sotto la supervisione dei vigili del fuoco. Ad ogni nucleo familiare sono state concesse solo due ore di tempo per prendere i vestiti, gli oggetti e i ricordi più cari e metterli in degli scatoloni, che saranno poi custoditi in un magazzino messo a disposizione dal Comune di Genova.

Per velocizzare le operazioni di trasloco, all’esterno dei palazzi sono state posizionate delle autoscale per caricare gli scatoloni direttamente dai terrazzi e dalle finestre e calarli in strada. Giornalisti, fotografi e video operatori sono stati accompagnati nella zona rossa con un pulmino scoperto e hanno potuto assistere da lontano per pochi minuti ai rientri in casa dei primi sfollati dei civici 5, 6, 11 e 16 di via Porro, quelli più lontani dal pilone 10, il cui stato degrado, secondo la commissione ispettiva istituita dal Mit subito dopo il disastro, sarebbe ancora più grave di quello del pilone crollato.

“Non so – dice ad Askanews Graziella Crosa, una degli oltre 580 sfollati della zona rossa – che effetto mi farà rientrare per l’ultima volta in casa. Quando si aprirà la porta cercheremo di prendere un bel respiro e vedremo. La speranza di poter tornare a casa a recuperare i nostri ricordi – sottolinea la donna – c’è sempre stata, anzi speravamo di poterlo fare molto prima. Prenderemo sicuramente le foto, i vestiti e alcuni oggetti, come le pentole, che ci permetteranno di ricominciare la vita in un’altra casa ma -ha concluso la cittadina sfollata- prenderò anche il cucchiaio di legno bruciacchiato che usavo per fare il sugo perché anche quello per me ha un valore affettivo”.

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