Caso Uva, ‘percosse e calci: condannare carabinieri e agenti’

La Procura: "Modalità violente, ribaltare l'assoluzione"

MAG 16, 2018 -

Milano, 16 mag. (askanews) – Tredici anni di carcere per i carabinieri Paolo Righetto e Stefano Dal Bosco e 10 anni e mesi di reclusione per i poliziotti Giocchino Rubino, Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Barone Focarelli, Bruno Belisario e Vito Capuano. Sono le richieste di condanna formulate dal sostituto procuratore di Milano, Massimo Gaballo, per i due carabinieri e i 6 agenti di polizia imputati nel processo d’appello sul caso di Giuseppe Uva, l’artigiano varesino di 43 anni morto in ospedale all’alba del 14 giugno 2008 poche ore dopo essere stato fermato dalle forze dell’ordine e condotto in caserma. Una morte causata, secondo il rappresentate della pubblica accusa, dalle “modalità particolarmente violente” dei carabinieri e poliziotti che lo avevano in custodia e che, sia in caserma che in ospedale, lo avrebbero colpito ripetutamente con “percosse e calci”. Al punto da suscitare in lui quella “situazione di stress” indicata dai periti come “fattore scatenante” della “fibrillazione vetricolare” che ha portato alla sua morte.

“La responsabilità degli imputati è pienamente provata”, ha affermato in aula il magistrato. Da qui la sua richiesta ai giudici della Corte d’Assise d’appello di Milano di ribaltare la sentenza del processo di primo grado (che si era chiuso con l’assoluzione piena di tutti gli imputati) con la condanna dei due carabinieri e dei 6 agenti di polizia per omicidio preterintenzionale e sequestro di persona aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale.

La parola è passata all’accusa dopo il no dei giudici alla richiesta di riapertura del dibattimento. Il pg Gaballo ha prima stigmatizzato il verdetto disposto dalla Corte d’Assise di Varese al termine del primo grado di giudizio, parlando di “una sentenza poco motivata e piena di errori” soprattutto perchè considera “inattenbibile” la testimonianza di Alberto Biggioggero, l’amico di Uva sorpreso insieme a lui dai carabinieri mentre i due, entrambi ubriachi, stavano spostando alcuni cassonetti dell’immondizia in mezzo alla strada. “Le sue – ha puntualizzato il magistrato – sono dichiarazioni sempre coerenti nel loro nucleo centrale. Sono emerse alcune contraddizioni che però riguardano fatti assolutamente irrilevanti”.

Uva, stando a quanto ricostruito dal teste, si vantava con gli amici della relazione con la moglie di un carainiere. Secondo Bioggioggero, è stato questo il movente di tutto. Lo confermerebbero, sempre stando a quanto fatto mettere a verbale da Biggioggero, le parole rivolte al 43enne dal carabiniere Dal Bosco non appena arrivato sul posto: “Uva, proprio te cercavo”. L’artigiano venne immobilizzato, ammanettato e portato in caserma. Si era rifiutato di esibire i documenti e per bloccarlo si rese necessario l’intervento di una pattuglia della polizia. Ma per il pg Gaballo, “non aveva alcun senso portarlo in caserma. Uva era conosciuto alle forze dell’ordine, non era necessario identificarlo, è una palese violazione delle regole”.

E ancora Biggioggero, dalla caserma, chiamò con il suo cellulare il 118: “Stanno massacrano di botte il mio amico”, fu il suo allarme. In particolare Biggioggero riferì che Uva, mentre si trovava rinchiuso nella cella di sicurezza, urlava di dolore supplicando carabinieri e poliziotti di smetterla. Violenze poi confermate al personale medico dell’ospedale Circolo dallo stesso Uva: “Ha riferito di essere stato maltrattato dalle forze dell’ordine”, ha ricostruito il magistrato. La sua requisitoria si è poi focalizzata sugli esiti dell’autopsia che ha accertato due evidenti lesioni sul cadavere dell’artigiano: la prima sulla parte superiore del capo e la seconda al naso. “Ematomi – ha sottolineato il pg – che non possono essere il frutto di autolesionismo, così come affermato dagli imputati nel tentativo di giustificarsi”.

Conclusa la requisitoria dell’accusa, il processo proseguirà il 23 maggio prossimo con gli interventi delle parti civili e le prime arringhe difensive.