Frodi informatiche: 20 arresti tra Italia e Romania

Oltre 100 le vittime italiane. Profitti illeciti per 1,2 milioni

MAR 29, 2018 -

Milano, 29 mar. (askanews) – Dodici arresti in Italia e 8 in Romania. E’ il bilancio dell’operazione “Bruno” che ha portato la Polizia Postale italiana a sgominare un’organizzazione transnazionale specializzata in attacchi informatici e frodi su larga scala. Secondo quanto accertato dalle indagini condotte della procura di Milano, sono oltre cento le vittime italiane titolari di conti accessibili via home banking, più altri 74 stranieri che hanno subito, all’estero, la clonazione delle carte di credito. Numerosi i reati contestati: associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione del contenuto di informazioni informatiche, falsificazione di documenti di identità, codici fiscali e tessere sanitarie, frode informatica tramite furto ed utilizzo indebito di identità digitale nonché utilizzo indebito di carte di credito mediante accessi abusivi ai sistemi informatici di home banking di correntisti.

Il blitz, che ha richiesto l’impiego di oltre 100 poliziotti italiani tra Milano, Rozzano, Monza, Sesto San Giovanni, Jesolo, Trieste, Verona, Roma, Napoli, Cosenza e Reggio Calabria, è arrivato al termine di una lunga indagine che ha portato gli inquirenti italiani e romeni a costituire, con il supporto di Eurojust, una squadra investigativa comune. Durante le indagini è stata coinvolta anche Europol, che nella fase esecutiva ha assicurato un costante collegamento operativo per gli accertamenti a livello europeo.

L’inchiesta coordinata dal pm di Milano, Francesco Cajani, è scattata a fine 2016 con alcuni accertamenti sul ruolo sospetto di due persone di origine calabrese. E’ stato così possibile alzare il velo su un’organizzazione criminale, attiva soprattutto tra Italia e Romania, capace di incassare dalle frodi informatiche profitti illeciti per 1,2 milioni di euro. Dalle intercettazioni è emerso il notevole spessore criminale di numerosi indagati. Alcuni di loro sono accusati anche di aver organizzato “spedizioni punitive” per intimidire potenziali concorrenti.