Maxi appalto Expo, Paris: no gara, abbiamo garantito qualità verde

L'avvocato Troyer: "Il rischio era finire come spelacchio"

FEB 22, 2018 -

Milano, 22 feb. (askanews) – L’appalto per la fornitura di 6 mila piante a Expo non venne assegnato con il lancio di un bando di gara perchè soltanto l’affidamento diretto permetteva di garantire “il rispetto dei tempi complessivi” e la “qualità del verde” dell’Esposizione Universale Milanese. Soprattutto se si considera che ad aprile 2013, a circa due anni dall’inaugurazione di Expo, lo stato di avanzamento dei lavori della cosiddetta “Piastra dei servizi” – in pratica l’ossatura del futuro sito espositivo – era “attorno al 3%” contro “il 16% previsto dal contratto”. E’ stato questo il tasto più battuto dall’ex manager Expo Angelo Paris, imputato di abuso d’ufficio in concorso con il sindaco di Milano Giuseppe Sala proprio per le presunte irregolarità nell’assegnazione del “verde” di Expo, durate una serie di dichiarazioni spontanee rese nel corso dell’udienza preliminiare davanti al gup di Milano Giovanna Campanile.

La fornitura delle piante di Expo venne assegnata direttamente – e dunque senza gara – nel luglio 2013 al gruppo Mantovani, società di costruzioni vicentina che alla fine dell’anno precedente si era già aggiudicata il maxi-appalto della Piastra con un ribasso record del 42%: 149 milioni di euro contro i 272 milioni della base d’asta. E che poi, dopo aver incassato da Expo 4,3 milioni per il “verde”, avrebbe subappaltato la fornitura un’altra società, per 1,3 milioni, registrando una plusvalenza pari alla differenza tra i due importi.

Secondo i sostituti procuratori generali di Milano, Vincenzo Calia e Massimo Caballo, c’era tutto il tempo necessario per procedere con un normale gara d’appalto. Non c’era insomma nessuna urgenza tale da giustificare un affidamento diretto. Opposto il parere di Paris, all’epoca braccio destro dell’allora amministratore delegato Sala: l’affidamento diretto, ha in sostanza sottolineato davanti al giudice, era l’unica strada percorribile per arrivare in tempo alla scadenza del 1 maggio 2015, giorno del taglio del nastro di Expo. “Se fosse passato troppo tempo – ha spiegato il suo legale, l’avvocato Luca Troyer – i 6 mila alberi di Expo avrebbero fatto la fine di ‘Spelacchio'”. Anche perché, ha sottolineato Paris nelle sue dichiarazioni spontanee, “la qualità del verde era una delle peculiarietà di principali del Masterplan di Expo.

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