Sanità, Lorenzin: a favore di hub tra aziende, università e ospedali

Ancora speranza di avere l'Ema a Milano

DIC 15, 2017 -

Roma, 15 dic. (askanews) – Una riflessione sull’industria farmaceutica, sulla sanità e sulla capacità di fare sistema è stata al centro dell’evento organizzato dal Quotidiano “il Foglio” ieri al Tempio di Adriano, sostenuto da Bristol-Myers Squibb, Kratesis Advisory Partners e Sorgente Group. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha confermato le indiscrezioni secondo le quali potrebbe riaprirsi a favore di Milano la vicenda sulla prossima sede dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco assegnata con sorteggio ad Amsterdam. Ma per non farsi illusioni è necessario che la collaborazione trasversale tra governo e Regione Lombardia continui per aiutare Milano ad affermare il suo primato rispetto alle altre destinazioni.

Buone notizie, inoltre, per l’Italia che nella Sanità supera la Germania in proporzione agli abitanti, come emerge dallo studio della Sda (Scuola di direzione aziendale) – Cergas (Centro ricerca sulla salute) della Bocconi, a cura del professor Francesco Longo, illustrato dal presidente Elio Borgonovi. L’Italia ha il migliore indice di salute al mondo superando paesi come Svizzera, Australia, Giappone, Svezia, Israele e via via tutti gli altri e ha un settore farmaceutico che produce 21,5 miliardi di pil, con 63 mila persone occupate e una quota di ricerca per 1,25 miliardi. Il settore dei dispositivi medici fattura 22,3 miliardi, con 70.624 occupati e 2 miliardi di euro dedicati alla ricerca, oltre a un export fortissimo. Tra l’altro questo, comparto vanta un’incidenza sul Pil superiore al 2% con un’intensità di ricerca 4,5 volte superiore alla media degli altri settori. Il ministro Lorenzin a questo punto ha dichiarato che “la questione è come far restare in Italia queste realtà, che finora ci hanno preferito a paesi con basso costo del lavoro o fisco più vantaggioso”, proponendo una sorta di “hub, una fiera permanente di pharma e device, dove università, aziende e market siano complementari”. La ricerca, inoltre, ha evidenziato una realtà piuttosto frammentata. Sommando i fatturati 2014 dei 13 gruppi sanitari e socio-sanitari privati con ricavi superiori ai 150 milioni di euro, otteniamo un totale di 5,3 miliardi, pari al 12,6% del valore dei servizi erogati da soggetti privati accreditati e non (48 miliardi, di cui 24 a carico del Servizio sanitario e 18 a carico delle famiglie). Il primo player del settore ha un fatturato che rappresenta il 3,3% del valore dei servizi erogati da privati.

Incalzato dal direttore del Foglio, Claudio Cerasa, il dibattito si è spostato sui punti critici: secondo Longo “Gli studenti stranieri, anche benestanti, vorrebbero iscriversi alle nostre università ma trovano il numero chiuso. Non esiste qui un turismo sanitario: servono facilitazioni, visti, pacchetti di soggiorno estesi ai familiari. Manca una piattaforma comune della sanità che consenta di individuare facilmente ospedali, rette, specialità”. Eppure il fenomeno del turismo sanitario internazionale, nel complesso, ha numeri importanti, che secondo alcune organizzazioni va da un range di 45 a 72 miliardi di dollari e coinvolge circa 14 milioni di pazienti. In Italia questa quota sfiora solamente i 672 mila, provenienti per lo più dal resto dell’Europa.

In chiusura del dibattito, Lorenzin ha sollecitato infine la condivisione di informazioni tra ospedali, aziende, ricercatori “che già esiste su base volontaria mentre deve essere organizzata e transnazionale”.