La storia della 22enne egiziana residente a Milano e aspirante kamikaze

Espulsa dall'Italia per motivi di sicurezza

NOV 13, 2017 -

Milano, 13 nov. (askanews) – Una 22enne egiziana residente a Milano è stata espulsa dal territorio nazionale per motivi di sicurezza nazionale in quanto risulta aver intrapreso da alcuni mesi un deciso percorso di radicalizzazione. Il provvedimento del Questore di Milano ha eseguito il decreto emesso dal ministro dell’Interno. La donna è stata identificata in Fahmy Fatma Ashraf Shawky nata il 3 giugno 1995 Giza (Egitto), residente nel quartiere Gratosoglio insieme ai genitori e a tre fratelli minori. Era in regola con il soggiorno, non svolgeva alcuna attività lavorativa, ed era priva di precedenti di polizia. I poliziotti della Digos di Milano hanno però osservato che aveva manifestato in più occasioni, online, l’intenzione di recarsi nei territori del Daesh per fornire il suo contributo al jihad.

I servizi di appostamento hanno consentito di evidenziare il profondo cambiamento subito dalla giovane in circa 4 anni; all’epoca dell’arrivo in Italia nel 2013 era occidentalizzata, sia nel vestiario sia nel comportamento. Durante il periodo delle attività investigative la donna indossava invece il niqab (velo integrale che copre completamente il viso, lasciando solo una fessura per gli occhi, ed il corpo), completo di guanti neri affinché nessuna parte del corpo rimanga scoperta.

In rete la donna era nota come Umm-Jlaybib, era in contatto con un membro dell’Isis non meglio identificato, Abdallah Hasanayn Al-Najjar, al quale aveva formulato la richiesta di facilitare ed organizzare il viaggio nelle terre di conflitto attraverso la Turchia e che, a seguito delle varie difficoltà riscontrate nell’approntare il viaggio, aveva abbandonato l’intenzione di recarsi in Siria, maturando l’idea di commettere un’azione suicida nel territorio nazionale e sarebbe stata in attesa dell’avallo dei vertici dell’Isis, per procedere in questo senso.

Acquisita tale gravissima e preoccupante informazione, sono stati svolti servizi senza soluzione di continuità e disposta l’intercettazione d’urgenza delle utenze telefoniche e telematica della donna e dei suoi congiunti. I servizi di osservazione da parte dei poliziotti milanesi hanno certificato che la donna non aveva alcuna relazione sociale significativa, se non limitata ad una vicina di casa; le utenze telefoniche a lei in uso non producevano alcun traffico e dall’analisi dei tabulati emergeva che i contatti tra i congiunti erano quasi prossimo allo zero, ad ulteriore conferma dell’assunto secondo il quale la donna trascorreva tutto il tempo utilizzando internet.

Data la gravità delle informazioni acquisite dall’intelligence e riscontrate dalla Sezione Antiterrorismo della Digos di Milano, il ministro dell’Interno ha decretato l’espulsione dal territorio nazionale dell’indagata. Contestualmente ha disposto la perquisizione personale e domiciliare dell’indagata. Durante le fasi della perquisizione la donna ha confermato l’intenzione di raggiungere la Turchia per recarsi poi in Siria.

In merito ai contatti con esponenti dello Stato Islamico e alle progettualità ostili, la donna in un primo momento si è chiusa in totale mutismo; solo dopo molta insistenza si è decisa a confermare di avere avuto dei contatti virtuali, dei quali però non ha voluto fornire alcune riferimento preciso.

La successiva attività di analisi del materiale informatico sequestrato alla donna, in particolare il tablet utilizzato per la navigazione, ha dato conferma dell’assunto investigativo.

Sono state infatti recuperate le chat intrattenute via Telegram con alcuni operativi dell’Is stanziati in Siria ai quali effettivamente la donna aveva mostrato la propria disponibilità a compiere un’azione in Italia ed aveva richiesto un parere in merito non ricevendo tuttavia alcuna autorizzazione né tanto meno indicazioni pratiche.

Sono invece numerose le chat relative all’organizzazione del suo viaggio verso la Siria, via Turchia, con l’invio svariate volte, di foto tessera e copie dei propri documenti di identità al fine di predisporre falsi documenti necessari a consentirle di raggiungere i territori allora occupati dal Califfato.