##L’epatite C fa meno paura, in 2 anni curate 90mila persone

Prof. Craxì: sottoporsi a controlli anche in assenza di sintomi

OTT 16, 2017 -

Palermo, 16 ott. (askanews) – Rispetto agli anni passati, oggi l’epatite C fa meno paura. Un traguardo reso possibile dalle cure farmacologiche, che hanno fatto passi da gigante, e dalla grande opera di sensibilizzazione della gente che ha maturato maggior consapevolezza di una malattia ancora largamente diffusa.

“Lo scenario attuale non più quello di una malattia sommersa – ha spiegato il professor Antonio Craxì, docente di Gastroenterologia all’Università di Palermo e Direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico “Paolo Giaccone” -. Le persone con infezione da epatite C le conosciamo e sono davvero tante. Novantamila nel corso degli ultimi 2 anni e mezzo le abbiamo curate coi nuovi regimi di cura, che promettono, e hanno mantenuto la promessa, di una efficacia quasi vicina al 100%. Ne restano almeno 200mila da curare. Il vero sforzo da compiere entro i prossimi 3 anni sarà quello di riportare all’attenzione medica, e quindi alla possibilità di una cura, quei pazienti che sanno di avere l’epatite C, ma non se ne curano non avendo sintomi o disturbi. Bisogna ricordare a tutti che siccome si tratta di una condizione che non dà sintomi e che bisogna essere rimediata prima che abbia compromesso irreparabilmente il fegato, è necessario tirar fuori questi esami, farli vedere al proprio medico e poi in ambiente specialistico e poi ottenere le cure”.

L’accesso alle cure è dunque la chiave per consentire un più efficace contrasto della malattia. Accesso sicuramente più agevole rispetto al passato, soprattutto dopo che l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità in Italia del trattamento privo di ribavirìna.

“Dopo un periodo iniziale di restrizioni motivate dagli alti costi dei farmaci per cui si era deciso di limitare l’accesso alle cure solo a pazienti con malattie più gravi, quindi cirrosi epatica o comunque una fibrosi avanzata del fegato – ha spiegato il professor Craxì -, da aprile di quest’anno c’è stato un rilassamento dei criteri che ci consente di includere nel trattamento praticamente tutti i pazienti con epatite C. Oggi non si cura più la malattia da virus epatite C, ma l’infezione allo scopo di prevenire la malattia. Un concetto importantissimo perché si tratta di curare l’inflazione prima che abbia causato danni irreparabili al fegato”.

La ricerca sulla terapia è dunque di fatto è finita, con l’ultima generazione di farmaci che raggiungono percentuali di efficacia tale e di totale innocuità che non c’è realmente un bisogno di ulteriori generazioni farmaci. Ma quali sono dunque le prospettive di cura di questa malattia? “Gli sforzi adesso si concentrano su due filoni principali – ha spiegato il professor Craxì -. Per quelli che stiamo curando in fase di malattia avanzata, trovare dei modi per supportare la funzione del loro fegato, anche se strutturalmente danneggiato; e altro problema far sì che tutti quelli che hanno una infezione da epatite C vengano raggiunti e curati in maniera da ottenere una radicazione attraverso le cure a livello globale che renda l’epatite C un ricordo a livello mondiale”.