Batteri intestinali “mettono turbo” a prestazioni sportive atleti

L'ultima frontiera delle ricerche sul microbiota

OTT 12, 2017 -

Roma, 12 ott. (askanews) – Svelato un nuovo segreto del successo degli atleti. Non sono solo dieta e preparazione atletica a fare la differenza ma anche il loro microbiota intestinale, cioè i miliardi di germi (batteri in gran parte ma anche virus e funghi) che tutti alberghiamo nel nostro intestino. L’analisi genomica del microbiota potrebbe fornire insomma un giorno non solo la carta di identità del nuovo Usain Bolt, ma anche contribuire a migliorare le performance di atleti e gente comune, somministrando loro la carta ‘biologica’ vincente degli atleti, sotto forma di probiotico ‘di talento’.

Si perché il microbiota degli atleti è ‘avanti’, brucia meglio i carboidrati, sintetizza più aminoacidi, sa come disfarsi in tempo record dell’insidioso acido lattico che si accumula nei muscoli dopo una gara. E forse giova anche alla lucidità mentale, secondo il vecchio adagio ‘mens sana in corpore sano’. “Il microbiota umano – spiega il dottor Gianluca Ianiro, membro del consiglio direttivo SIGE, gastroenterologo della Fondazione Policlinico A. Gemelli e membro del Young Talent Group della United European Gastroenterology (UEG) – è l’insieme di tutti i microrganismi presenti nel nostro corpo, che albergano nelle parti a contatto con l’esterno. Il più importante è quello intestinale, poi c’è quello della pelle, genito-urinario e polmonare (individuato di recente). Del microbiota fanno parte batteri ma anche funghi e virus. A renderci unici e diversi da un individuo all’altro è proprio il nostro microbiota. La differenza in termini di genoma umano (abbiamo circa 23 mila geni) tra un individuo e l’altro infatti non supera lo 0.01 per cento; possiamo invece differire per oltre l’80-90 per cento da un altro individuo in termini di genoma del microbiota (3,3 milioni di geni). La composizione del microbiota varia nel corso della vita e può essere modulata: in modo fisiologico, attraverso la dieta, con l’allattamento al seno o con latte artificiale, con parto cesareo o naturale; in modo patologico ad esempio per una gastroenterite infettiva, se si assumono antibiotici o inibitori di pompa protonica (farmaci anti-acido). In questo caso si può verificare una disbiosi qualitativa o quantitativa, che costituisce la perdita della simbiosi fisiologica fra uomo e microbiota. E questo può portare ad una serie di malattie nelle quali è implicato il microbiota (malattie infettive come il Clostridium difficile, malattie infiammatorie croniche intestinali, sindrome dell’intestino irritabile, e così via). Un microbiota alterato può contribuire a provocare anche patologie metaboliche come l’obesità e alcune malattie neurologiche”.

Ma il microbiota ha ancora tante sorprese in serbo. L’ultima in ordine di tempo è la scoperta che potrebbe contribuire a modulare le perfomance atletiche. George Church, professore di genetica ad Harvard e di scienze della salute e tecnologia ad Harvard e al MIT, oltre che membro fondatore del Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering, è andato a valutare se ci fossero differenze tra il microbiota di atleti professionisti e di gente comune. La scelta è caduta sui partecipanti alla maratona di Boston; il microbioma degli atleti è stato prelevato (campioni di feci) prima e dopo la gara, rivelando delle alterazioni di composizione, in particolare a carico di un particolare tipo di batteri in grado di metabolizzare l’acido lattico, che ha le potenzialità di migliorare il metabolismo energetico, distruggere l’acido lattico e facilitare dunque il recupero dopo uno sforzo importante come quello della maratona.

“Gli autori di questo filone di ricerca – commenta Ianiro – stanno cercando adesso di isolare questi batteri di ‘talento’ (il microbiota è stato sequenziato utilizzando metodi di metagenomica computazionale) per realizzare un probiotico ‘da atleti’, da somministrare anche alle persone che vogliano aumentare le loro performance sportive e di fitness, ma anche a persone normali che vogliano migliorare il loro stato di salute.