Sicilia, un’Aquila di Bonelli salvata grazie al gps

Il rapace, di nome Bart, era rimasto intrappolato in una cisterna

OTT 9, 2017 -

Roma, 9 ott. (askanews) – Bart è un giovane maschio di Aquila di Bonelli, nato questa primavera poco lontano da Catania, ed è in salvo grazie alla tecnolgia Gps. Fratello di Lisa, fa parte del gruppo di 9 aquile nate nel 2017 a cui il progetto europeo LIFE ConRaSi (Conservazione dei Rapaci in Sicilia) a maggio ha potuto applicare dei trasmettitori satellitari. Lo scopo di questa operazione è quella di monitorare quotidianamente gli animali per raccogliere informazioni fondamentali per la conservazione della specie. Infatti ogni giorno i 9 GPS inviano i loro segnali ad un satellite che li trasmette ad una banca dati che gli esperti interrogano ed analizzano. Dopo giorni in cui il monitoraggio quotidiano tramite GPS stava mostrando un’intensa attività di Bart – racconta il Wwf Italia in una nota – i segnali inviati hanno mostrato una sospetta immobilità dell’animale. Identificata l’area è scattato immediatamente l’allarme. Una squadra del LIFE, composta da Stefania Merlino e Salvo Manfrè è partita alla ricerca dell’aquila, immaginando l’animale in un qualche tipo di difficoltà e sperando di ritrovarlo in vita: un atto di bracconaggio, come già avvenuto per altre aquile, non era da escludere. La squadra di soccorso, arrivata sul posto, dopo aver setacciando l’area intorno al punto da cui risultava provenire il segnale GPS, si trova dinnanzi ad una profonda cisterna di cemento armato vuota: Bart era fermo sul fondo, intrappolata all’interno della struttura, dopo un tentativo, per altro riuscito, di predare un piccione. L’aquila era in buone condizioni ma non riusciva a volare via perché la struttura, con le pareti verticali lisce, era purtroppo dotata di una corona di lunghi spuntoni di ferro arrugginiti rivolti verso il fondo, che limitavano moltissimo la “luce” della cisterna. I soccorritori, dopo aver realizzato che era necessario eliminare quest’ostacolo con una fune con un nodo a cappio hanno cominciato a ‘incappiare’ alcuni spuntoni piegandoli verso l’alto. Terminato questo lavoro i tecnici hanno quindi realizzato una sorta di sacco di pezza, legandola ad una corda che lentamente hanno calato nella struttura; ciò nell’intento di provocare l’aquila affinché istintivamente l’afferrasse con gli artigli, per risalirla speditamente su, per procurarle un vantaggio per volar fuori. Invece l’aquila Bart, analizzata la via di fuga ormai liberata dall’intervento di soccorso, raccolte le forze, è balzata da sola fuori dal pozzo, uscendo da quell’incubo durato per tante ore, per volare via.