##’Ndrangheta e rifiuti in Calabria, arrestati avvocati e politici

Sette fermi per i lavori sul termovalorizzatore di Gioia Tauro

OTT 5, 2017 -

Reggio Calabria, 5 ott. (askanews) – “In questa indagine c’è la ‘ndrangheta che decide, che pensa e che si muove nelle strategie economiche ed è quindi evidente che ci troviamo a contrastare un livello superiore, un livello che ha determinato i guasti di questa regione”. A dirlo è stato il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, durante la conferenza stampa, svoltasi stamani in riva allo Stretto, volta ad illustrare i dettagli dell’operazione “Metauros”. L’inchiesta, coordinata dai pm antimafia reggini Antonio De Bernardo e Giulia Pantano, ha visto fermare sette persone accusate di associazione mafiosa, ed in particolare di far parte della cosca Piromalli di Gioia Tauro, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni, tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

Al centro dell’indagine ci sono gli interessi delle ‘ndrine della provincia reggina nel business legato al “ciclo di rifiuti” ed in particolare la costruzione e la gestione dell’unico termovalorizzatore presente in Calabria, a Gioia Tauro. Un’opera imponente che i clan aveva ideato, costruito e gestito fin dal principio. La struttura del termovalorizzatore sarebbe infatti, “appannaggio” della cosca Piromali, ma gestito dalla “I.A.M”, ossia la società “Iniziative Ambientali Meridionali spa”, una società che – secondo quanto appurato dagli inquirenti – sarebbe stata costretta a pagare le estorsioni in riferimento al servizio del trasporto rifiuti.

“Siamo di fronte – ha continuato Cafiero – ad un meccanismo di controllo da parte della ‘ndrangheta, la quale si è occupata fin dalla creazione del termovalorizzatore, e successivamente della manutenzione e trasporti. Proprio attraverso i trasporti si è realizzato un meccanismo di copertura del versamento delle tangenti con una sovraffatturazione dei costi e svicolo di una parte del denaro corrisposto ai trasportatori che poi veniva versato alle organizzazioni mafiose”.

Ad avere “pretese mafiose” sulla gestione della struttura e soprattutto sulla gestione dei rifiuti non erano solo i Piromalli. Anche le ‘ndrine della Locride e del centro di Reggio Calabria volevano la loro parte. “Quando parliamo della ‘ndrangheta – ha chiosato il procuratore capo Cafiero – parliamo di una ‘ndrangheta unitaria; da un lato ci sono infatti i Piromalli, da un altro lato i Commisso di Siderno e poi tutte le altre famiglie che premono sul territorio dai quali provenivano i rifiuti”.(Segue)