Haftar: senza accordo con la Libia le navi italiane sono invasione

Il generale libico intervistato dal Corriere della Sera

AGO 12, 2017 -

Roma, 12 ago. (askanews) – “Libici e italiani sono amici, abbiamo superato il retaggio dell’aggressione fascista” ma “noi libici teniamo alla nostra indipendenza e sovranità: nessuno può entrare con mezzi militari nelle nostre acque territoriali senza autorizzazione, sarebbe un’invasione e abbiamo il diritto-dovere di difenderci anche se chi ci attacca è molto più forte di noi.

Vale per l’Italia, come per qualsiasi altro Paese”: lo ha dichiarato il generale libico Khalifa Haftar, intervistato dal Corriere della Sera.

Il fatto che l’intervento italiano sia frutto di un accordo con il governo – unico internazionalmente riconosciuto – del premier Fayez al Sarraj non sembra avere alcun peso: “Non c’è stata alcuna intesa con noi. Io non vi ho dato alcuna luce verde. Non solo, nessuno ci ha mai detto nulla. E’ stato un fatto compiuto, imposto senza consultarci”.

Sarraj, secondo Haftar, ha “violato in modo grave” gli accordi di Parigi, in cui “si dice esplicitamente che mosse di questo genere vanno coordinate tra noi: ma la violazione è anche italiana. A Roma sono corresponsabili, sanno benissimo che Sarraj non ha alcuna autorità per permettere alle vostre navi di venire nelle nostre acque territoriali. Non ha chiesto il parere a me e neppure al suo Consiglio presidenziale. La sua è una scelta individuale, illegittima e illegale”.

L’intesa di Parigi non deve comunque considerarsi fallita: “Io credo ancora in quelle intese, restano l’unica piattaforma su cui costruire la transizione per cercare di alleviare le sofferenze del popolo libico. Penso inoltre sia possibile tenere elezioni politiche in Libia il marzo prossimo, come si è programmato a Parigi, e probabilmente anche prima”.

Quanto al problema dei migranti, “non si risolve sulle nostre coste”: “Se non partono più via mare ce li dobbiamo tenere noi e la cosa non è possibile. Dobbiamo invece lavorare assieme per bloccare i flussi sui 4.000 chilometri del confine desertico libico nel sud. I miei soldati sono pronti. Io controllo oltre tre quarti del Paese. Possiedo la mano d’opera, ma mi mancano i mezzi. (il presidente francese Emmanuel) Macron mi ha chiesto cosa ci serve: gli sto mandando una lista”.

La lista è lunga: “Corsi di addestramento per le guardie di frontiera, munizioni, armi, ma soprattutto autoblindo, jeep per la sabbia, droni, sensori, visori notturni, elicotteri, materiali per costruire campi armati di 150 uomini ciascuno altamente mobile e posizionati ogni minimo 100 chilometri”, per un coato stimato di “circa 20 miliardi di dollari distribuiti su 20 o 25 anni per i Paesi europei uniti in uno sforzo collettivo».

Une somma che secondo Haftar è trascurabile “se paragonata a quella che l’Europa stanzia per Erdogan”: “La Turchia prende 6 miliardi e passa da Bruxelles per controllare un numero infinitamente inferiore di profughi siriani e qualche iracheno.

Noi in Libia dobbiamo contenere flussi giganteschi di gente che arriva da tutta l’Africa. Se ogni governo europeo contribuisce ad aiutarci, per voi la spesa diventa irrisoria”.

Infine il pericolo terrorismo, che in Libia “è molto diminuito”: “A Bengasi e nel deserto sotto il nostro controllo l’abbiamo battuto. Restano pericolosi circa 300 militanti dell’Isis a Derna e 200 a Sabrata”.

Ska