Arrestata nigeriana “madame” di prostitute nel Casertano

Tra le connazionali false promesse e minaccia "connection house"

AGO 10, 2017 -

Roma, 10 ago. (askanews) – Il Giudice per le indagini preliminari della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, accogliendo pienamente le risultanze investigative, emerse nell’ambito di una articolata attività di indagine, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia ed eseguita in data odierna dai Carabinieri della Compagnia di Mondragone (Caserta), ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti della cittadina nigeriana C. E., classe 1964.

La donna, arrestata nelle prime ore di oggi, è ritenuta essere dedita alla tratta di esseri umani, finalizzata allo sfruttamento della prostituzione sul litorale Domitio, in provincia di Caserta.

La stessa è direttamente collegata ai suoi connazionali già arrestati, per i medesimi reati, lo scorso 27 Luglio.

C.E. è stata identificata quale “madame” o “mama” ossia la maitresse dell’organizzazione. La stessa, infatti, si occupava in prima persona del quotidiano controllo dell’attività di meretricio svolta dalle ragazze nigeriane.

Le indagini hanno altresì consentito di acclarare come una delle giovani donne, giunta in Italia con la falsa promessa di contrarre matrimonio con un altro indagato, sia stata avviata alla prostituzione e controllata a vista dagli altri appartenenti al sodalizio criminale. In particolare la vittima era tenuta, oltre al pagamento di un riscatto di 25.000,00 euro per il trasferimento in Italia, a versare 300 euro mensili per l’alloggio ed il vitto.

Inoltre è stato accertato anche che una delle vittime, obbligata a sottostare alle angherie degli indagati, veniva rimproverata per il suo scarso impegno nell’attirare i clienti e, pertanto, obbligata per i suoi scarsi guadagni, a sottostare a punizioni quali la sottrazione del telefono cellulare per contattare i propri familiari, l’obbligo di riordinare tutti gli alloggi del gruppo e, in estrema ratio, minacciata di essere collocata in una “connection-house”, ossia una casa di prostituzione, senza poterne più uscire.