Nsa, Caligiuri: difficile individuare origine disinformazione

"Presunte intromissioni russe influenzeranno presidenza Trump"

GIU 6, 2017 -

Roma, 6 giu. (askanews) – Dopo la notizia pubblicata da Intercept secondo la quale – in base a documenti dell’Nsa – hacker collegati all’intelligence russa avrebbero preso di mira una società in possesso di informazioni sul software che gestisce le elezioni americane e condotto attacchi phishing contro funzionari locali del governo americano poco prima delle elezioni, “emergono diversi aspetti che riguardano le moderne operazioni di disinformazione e il loro funzionamento”.

È quanto spiega a Cyber Affairs il professor Mario Caligiuri, direttore del Master in intelligence dell’Università della Calabria.

“La tradizione di disinformazione russa”, rimarca il docente, “affonda le radici nella politica dell’ex Unione sovietica, “l’impero del male” secondo la propaganda reaganiana. E, recentemente, anche l’Unione europea ha allestito un sito e una pagina Facebook per contrastare a livello mediatico le disinformazione russa. Nella società della globalizzazione, dove l’effetto meglio riuscito è proprio quello relativo alla circolazione delle notizie, la disinformazione è un ingrediente fondamentale E ciascuno la realizza in base al potenziale di cui dispone”.

La disinformazione, rileva ancora Caligiuri, “è fatta spesso alla luce del sole e non è affatto prerogativa dei soli Stati nazionali. Ricordiamo ad esempio le dichiarazioni dei dirigenti della agenzie di rating prima del voto al referendum costituzionale del 2016 in Italia? Avevano previsto sfracelli in caso della vittoria del No. Ovviamente non è successo nulla”.

Si tratta, sottolinea l’esperto, “di un terreno difficile da controllare, così come lo è individuare con precisione e certezza assoluta l’origine della maggior parte degli attacchi informatici. Negli Stati Uniti sono stati investiti negli ultimi 9 anni oltre 15 miliardi di dollari per studiare come attribuire le offensive hacker, ma il problema resta ancora di difficile soluzione”.

Su un piano politico, aggiunge Caligiuri, “il programma del presidente Usa Donald Trump è “America First”. Per questo appare poco realistica e probabile un’alleanza ‘satanica’ con quello che per anni, durante la Guerra Fredda, è stato il nemico capitale. Ancora i propositi della politica estera della Casa bianca non si sono chiaramente delineati. Quello che è certa è la dubbia efficacia, in questo campo, di chi lo ha preceduto”.

Lo scenario, conclude il docente, evidenzia che “questa ennesima vicenda, che è facile prevedere accompagnerà ancora a lungo l’esperienza presidenziale di Trump, potrebbe rappresentare un ‘proxy’, ovvero un argomento per parlare effettivamente di altro. Il tema reale, probabilmente, non è infatti se i russi abbiano cercato o meno di influenzare la campagna elettorale statunitense – e, peraltro si è detto lo stesso in occasione delle recenti presidenziali francesi e probabilmente lo si affermerà anche per quelle tedesche. Piuttosto il nodo sarà il tentativo di indebolire e possibilmente creare l’impeachment al presidente meno politicamente corretto della storia americana”.

(Fonte: Cyber Affairs)