Legami con mafia, giudici: da Lidl no controlli anticorruzione

Da manager della catena corrotti rapporti con clan Laudati

MAG 15, 2017 -

Milano, 15 mag. (askanews) – La governance di Lidl Italia si contraddistringue per la mancanza di controlli interni in chiave anti-corruzione. Lo sottolineano i giudici della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano nel decreto di commissariamento di quattro direzioni generali di Lidl Italia (due in Piemonte, una in Lombardia e una in Sicilia) disposto oggi nell’ambito dell’inchiesta della Dda che ha portato a 15 arresti per presunti legami con la famiglia mafiosa dei Laudani di Catania. I giudici stigmatizzano Lidl soprattutto per quanto riguarda “l’assenza di efficaci meccanismi di controllo interno che consentano, pur in presenza di un’attività dolosa posta in essere da soggetti legati da un rapporto di lavoro subordinato, di evitare che forme di corruttela privatistica alterino la competitività del mercato ed impediscano l’ingresso di figure legate a sodalizi criminosi”.

Secondo il collegio di giudici presieduto da Fabio Roia, inoltre, “non può essere invocata una posizione di buona fede” da parte dei manager Lidl coinvolti. Dirigenti che da un lato “percepiscono denaro per assegnare lavori in favore degli indagati” mentre dall’altro “intrattengono, in via diretta o indiretta, rapporti con soggetti appartenenti alla famiglia mafiosa dei Laudani in grado di orientare le scelte di Lidl nella scelta degli appaltatori di servizi”.

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