Roma: Corte dei Conti: no danno erariale con uso spazi sociali

Uso sociale esclude costi di mercato patrimonio

APR 19, 2017 -

Roma, 19 apr. (askanews) – La Corte dei Conti, con la sentenza 77/2017, assolve i dirigenti comunali che non avevano sfrattato le associazioni assegnatari di beni del Comune di Roma per fini sociali. Questa sentenza potrebbe spingere l’amministrazione capitolina e la Giunta Raggi a porre fine agli sfratti di spazi sociali che si moltiplicano a seguito della piena esecutività della delibera 140 emanata dalla giunta Marino e mai revocata da quelal a cinque stelle, per timore del danno erariale contestato dalla procura generale della Corte stessa.

La sentenza chiarisce che: “L’ordinanza del Sindaco n. 3483/1997 di provvisoria concessione è stata, infatti, emessa ai sensi delle deliberazioni regolamentari comunali n.5625/1983, n. 26/1995 e n. 202/1996 che prevedevano la assegnazione di beni demaniali o patrimoniali indisponibili per le utilità sociali ivi previste (anche culturali) con pagamento di canone ridotto al 20% del prezzo di mercato”.

Non viene contestato, pertanto, dalla Corte dei Conti “che detti beni potessero essere dati in concessione al prezzo ridotto indicato e ai destinatari individuati per le finalità da essi perseguite, ma il P.R. (Procuratore Regionale) ritiene che l’assegnazione a dette condizioni potesse valere solo fino allo scadere del termine di provvisorietà entro il quale doveva emettersi il provvedimento definitivo, invece non intervenuto, o, comunque, valesse solo fino alla scadenza del termine concessorio ove intervenuto. Ritiene parte attrice (sempre il Procuratore Regionale, ndr.) che, dopo detti termini, il bene avrebbe dovuto essere riacquisito e locato, a mezzo gara, a prezzi di mercato, cosa che non è avvenuta ed il danno consisterebbe in tale mancata entrata differenziale.

Deve al riguardo osservarsi che la particolarità dei locali individuati, destinati, comunque, a usi di pubblica utilità sociali e culturali, non li rendeva utilizzabili e sfruttabili alla stregua di locali da affittare e, quindi, tale peculiarità rafforzava la natura di beni non fruibili sul libero mercato e rientranti tra quelli per i quali era prevista, dai regolamenti comunali 5625/1983, 26/1995 e 202/1996, una utilizzazione a prezzo ridotto e agevolato per finalità sociali e culturali”.

“In disparte ogni altra considerazione, pertanto – si legge ancora nella sentenza che – la scadenza del termine senza che fosse intervenuta la concessione definitiva o senza che la stessa fosse stata rinnovata, non cambiava la natura del bene e la sua utilizzabilità alle stesse condizioni agevolate attuate con il provvedimento originario con conseguente impossibilità di praticare, per esso, un prezzo di mercato.” La Corte dei Conti dà, dunque, ragione alle associazioni che si sono opposte in questi mesi agli sfratti, sull’importanza delle “finalità sociali e culturali” che vincono sulla supposta pretesa del Procuratore Regionale di mettere tali beni a reddito “a prezzi di mercato”.