Suicida per video hot, archiviata l’indagine per diffamazione

Il gip dispone verifiche su rappresentante Facebook Italia

APR 11, 2017 -

Napoli, 11 apr. (askanews) – Archiviazione per i cinque giovani finiti sotto inchiesta per diffamazione e nuove indagini sul legale rappresentante di Facebook: sono queste le decisioni del gip del tribunale di Napoli, Tommaso Perrella, sul caso di Tiziana Cantone, la trentunenne di Mugnano che si suicidò a settembre scorso dopo la diffusione sul web di suoi video hot. Il giudice delle indagini preliminari ha infatti disposto l’archiviazione del filone di indagine sulla diffamazione che era nato dalla denuncia presentata dalla stessa Tiziana alcuni mesi prima del suicidio.

L’indagine aveva coinvolto cinque persone, quattro delle quali querelate da Tiziana dopo la scoperta che suoi video, che lei stessa aveva inviato via Whatsapp, erano finiti su siti porno e sui social. Tiziana fu ascoltata in Procura. E successivamente l’indagine, oltre che per diffamazione, puntò anche all’ipotesi di reato della violazione della privacy. Nel registro degli indagati finirono i quattro giovani che avevano condiviso sul web video e immagini di Tiziana durante momenti di intimità con i suoi partner e il padre di uno di loro in quanto titolare dell’utenza telefonica a cui erano stati inviati i filmati.

Da oggi il caso è chiuso e l’inchiesta è archiviata: il gip ha accolto la richiesta di archiviazione che il pm Alessandro Milita (oggi procuratore aggiunto a Santa Maria Capua Vetere) aveva presentato a novembre ritenendo che dalle indagini non erano emersi elementi tali da dimostrare la responsabilità degli indagati nella diffusione in rete dei video di Tiziana. Il gip, però, è andato oltre e ha ritenuto di dover disporre anche un supplemento di indagine alla Procura per accertare eventuali responsabilità del legale rappresentante di Facebook Italia.

Teresa Giglio, madre di Tiziana, si è detta molto amareggiata per l’archiviazione, l’avvocato Giuseppe Marazzita che la assiste ha spiegato la sua richiesta, accolta dal gip, di accertare eventuali responsabilità di Facebook ritenendo che “il calvario di Tiziana è iniziato proprio quando ha visto il suo nome sui social associato a suoi video pubblicati su siti porno soprattutto americani”.