##Papa latino-americano per terza volta incoraggia Ue in crisi

Domani sera alla vigilia del vertice per il Trattato di Roma

MAR 23, 2017 -

Città del Vaticano, 23 mar. (askanews) – L’ha quasi schernita, definendola “nonna”, sterile, in contrappunto alla madre fertile. Dopo la Brexit ha detto che all’Unione europea serve un po’ di “disunione” per tornare a pensare in grande. Ha provocatoriamente parlato di “invasioni” arabe come di un fatto antico che può riproporsi rivitalizzando una cultura europea troppo chiusa. Sinora ha snobbato le grandi capitali – Parigi, Berlino, Londra, Madrid – preferendo nei suoi viaggi internazionali le “periferie” d’Europa (Balcani, Lampedusa, Lesbo, la svezia protestante…) e, in generale, paessi – asiatici, americani, africani – fuori Europa. Ad uno sguardo superficiale Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa latino-americano della storia, sembra snobbare il vecchio continente dal quale i suoi nonni, mentre l’Italia sprofondava nel fascismo, partirono verso l’Argentina. Ma è, appunto, un’idea superficiale. Come dimostra il fatto che domani sera Papa Francesco riceverà i capi di Stato e di Governo del’Unione europea il 24 marzo, alla vigilia del vertice che si terrà il giorno dopo, 25 marzo, nella capitale italiana, in occasione del sessantesimo anniversario del Trattato di Roma che dette il via alla comunità europea.

Certo il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo” ha un approccio distaccato rispetto alla politique politicienne europea. Certo il suo temperamento latino lo allontana dalle liturgie dell’eurocrazia di Bruxelles. E certo l’avanzare dei populismi, la xenofobia, i muri che si alzano visibili e invisibili alle frontiere dell’Europa e al suo interno preoccupano il Pontefice che ha fatto della difesa degli ultimi, a partire da migranti e rifugiati, una delle sue bandiere più visibili. Tanto da accennare a più riprese a un parallelo tra la destra che avanza, la crisi delle democrazie, e l’affermarsi di Adolf Hitler nella Germania degli anni Trenta del secolo scorso.

Ma il Pontefice che viene dal subcontinente con il maggior numero di cattolici nel globo, l’America latina, pur attentissimo a come il cattolicesimo cresce in Asia e Africa, è anche estremamente attento all’evoluzione europea. Dove il secolarismo avanza, certo, vocazioni e partecipazione alla messa decrescono, sì, ma dove il cristianesimo è diffuso da quasi due millenni. Il Papa riformatore, il Pontefice del “global south” è consapevole che in Europa si gioca una partita – politica, culturale, religiosa – che riguarda il mondo intero. E che proprio nell’Europa che si confronta con l’epocale flusso di immigrati il cristianesimo può mostrare la propria vitalità, non solo a parole, o dimostrarsi esangue.

La preoccupazione del Papa per l’Europa, allora, è l’altra faccia della sua passione per l’Europa. Perché le origini di Jorge Mario Beroglio sono piemontesi e genovesi, perché da giovane ha studiato teologia in Germania, perché il so ordine religioso, i gesuiti, è profondamente radicato nella storia spagnola. Ma, soprattutto, perché da quattro anni è vescovo di Roma, a capo di una Chiesa che cerca di svecchiare e sprovincializzare, senza mai dimenticare il rapporto profondo tra la fede cattolica e la sede di Pietro.

E così già negli anni scorsi il Papa argentino ha dedicato un’attenzione estrema all’Europa, alla sua crisi, alle sue istituzioni. Il 25 novembre del 2014 ha visitato Strasburgo, dove ha tenuto un discorso al Parlamento europeo e uno al Consiglio d’Europa. Il 6 maggio scorso – un unicum per Jorge Mario Bergoglio – ha accettato l’onoreficienza europea che gli hanno tributato i vertici Ue, il premio Carlo Magno, paradossale immagine di istituzioni laiche, e a tratti mangiapreti, in pellegrinaggio alle soglie di Pietro per chiedere ispirazione e incoraggiamento a uno dei pochi leader mondiali riconosciuti “urbi et orbi”. Ora il terzo incontro. Il 25 marzo, mentre i capi di Stato e di Governo dell’Unione europea si riuniranno, ospiti del presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, Papa Francesco sarà in visita a Milano. Poteva ignorare i leader europei, poteva snobbare l’Unione europea. E invece, in un’agenda piuttosto carica di impegni, ha trovato lo spazio per riceverli a Palazzo apostolico. E riceverà i capi di Stato e di Governo Ue in arrivo nella capitale italiana. Di nuovo un’Europa in crisi, di nuovo un paradossale pellegrinaggio oltretevere, di nuovo un Pontefice extra-europeo che accoglie e pungola i rappresentanti del Vecchio mondo.