Pavia, si dice padre di bimbo non suo: chiesti 3 rinvii giudizio

Per un avvocato, il suo compagno e la madre del piccolo

GEN 31, 2017 -

Milano, 31 gen. (askanews) – Il pm di Pavia Andrea Zanoncelli ha chiesto il rinvio a giudizio di un avvocato pavese, del suo compagno albanese e della madre del bimbo. Per i tre, l’ipotesi di reato è alterazione di stato civile di un neonato in concorso. Come anticipato da “Avvenire” e confermato poi dalla polizia, le indagini della Digos di Pavia sono scattate nel gennaio 2016.

Secondo quanto spiegato dagli investigatori, l’avvocato, che da anni convive con il suo compagno albanese, “avrebbe fatto arrivare in Italia dall’Albania una giovane ragazza in avanzato stato di gravidanza e l’avrebbe sposata in tutta fretta, assumendo falsamente la paternità del nascituro, nato pochi giorni dopo le nozze celebrate in Comune. Dopo il parto, i genitori biologici (la donna e il fratello del compagno del legale) sarebbero dovuti ‘uscire di scena’ per fare ritorno nel loro Paese, con la promessa di ricevere regolarmente ‘aiuti economici'”.

La polizia avrebbe accertato che la donna, poco dopo il parto, aveva fatto rientro in Albania insieme con il padre naturale del bambino, lasciando il neonato in casa dei due conviventi. “Via via che il cerchio delle indagini si stringeva, il ‘marito’ faceva rientrare in Italia la giovane ragazza albanese, al fine di dissipare davanti alla polizia ogni dubbio sulla bontà del loro rapporto” ha spiegato sempre la Questura pavese, sottolineando che però “la convivenza forzata, in un unico appartamento, dei ‘coniugi’ con i reali rispettivi fidanzati nonché con i genitori dell’avvocato, complice anche la mancata corresponsione degli aiuti economici pattuiti, ha generato continui litigi ed ha costretto la giovane albanese a scappare con il suo fidanzato e confessare tutta la storia ai poliziotti”.

Gli investigatori hanno annunciato di aver “accertato anche le dazioni di denaro, inviato in Albania per un totale di circa 5mila euro (la donna racconterà che la cifra complessiva pattuita si aggirava sui 70mila euro totali). Dopo la confessione dei genitori biologici, il test del Dna disposto dall’autorità giudiziaria, avrebbe fatto quindi scattare la richiesta di rinvio a giudizio. “Il bimbo – ha concluso la polizia – è stato immediatamente allontanato dall’abitazione su disposizione del Tribunale dei minorenni e collocato in una struttura protetta unitamente alla madre, dove si trova tuttora”. Spetta ora al Gup decidere se avviare il processo o prosciogliere gli indagati come chiesto dai legali dei tre.