Bicocca, nuovi inquinanti minacciano i cuccioli di orso polare

Studiati effetti dei contaminanti persistenti su ecosistema artico

GEN 5, 2017 -

Roma, 5 gen. (askanews) – Gli inquinanti organici persistenti (POP, Persistent Organic Pollutants), sostanze chimiche resistenti alla decomposizione in grado di essere trasportate a grandi distanze e di persistere nel tempo anche per decenni, minacciano la salute dei cuccioli di orso polare.

Queste sostanze inquinanti tendono a spostarsi soprattutto verso le aree più fredde, ovvero i poli, e si depositano nei ghiacciai di montagna. Nell’ecosistema artico il rischio è quasi inesistente per i pesci, relativamente basso per le foche, molto elevato per gli orsi polari e drammatico per i loro cuccioli. Dato che alcune di queste sostanze inquinanti si accumulano nei grassi e il latte di mamma orsa è particolarmente grasso, il rischio per i cuccioli è di tre ordini di grandezza superiore alla soglia di sicurezza, in altre parole, almeno 1.000 volte di più. Tra le conseguenze, gravi alterazioni che danneggiano il sistema endocrino, la riproduzione e lo sviluppo.

E’ quanto emerge dallo studio “Risk of POP mixtures on the Arctic food chain”, condotto da ricercatori del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (DISAT) e del Dipartimento di Economia, Metodi quantitativi e Strategie di impresa (DEMS), dell’Università Milano-Bicocca, pubblicato sulla rivista scientifica “Environmental Toxicology and Chemistry”.

Alcuni POP – la cosiddetta Dirty Dozen o Sporca dozzina – sono stati indicati come i più pericolosi a livello planetario e per combatterli negli anni Settanta è nata la Convenzione di Stoccolma, alla quale hanno aderito quasi tutti gli Stati del mondo. Dopo la ‘Sporca dozzina’ altre sostanze sono state messe in discussione, con due opzioni: il bando totale o forti limitazioni.

Il rischio legato a sostanze diffuse in grandi quantità in passato ma controllate da tempo (come DDT e PCB), seppur ancora alto, è sensibilmente diminuito. Ma la composizione dei POP è mutata negli anni e il contributo dei nuovi inquinanti (come il PFOS), ancora inadeguatamente limitati, è in aumento. Secondo gli studiosi – sottolinea Milano-Bicocca – queste sostanze hanno un impatto anche sulla salute umana: significativo, in proposito, è il caso del popolo degli Inuit, esposto in passato ad un rischio paragonabile a quello stimato per gli orsi polari. Negli ultimi anni, la situazione è migliorata grazie a un radicale cambiamento degli stili di vita e ad una alimentazione non più basata sui prodotti della caccia e della pesca locali, ma dipendente in buona parte dalla distribuzione globalizzata.

“Questo lavoro è il primo tentativo di quantificare il rischio complessivo dei POP per l’ecosistema artico – ha detto Sara Villa, ricercatrice di Eco-tossicologia all’Università di Milano-Bicocca – e di definire una classifica al fine di evidenziare le sostanze chimiche più pericolose nella miscela”. “I risultati mostrano che le misure di controllo internazionali sono efficaci nel ridurre il rischio per gli ecosistemi – ha aggiunto Marco Vighi, Principal Investigator presso l’IMDEA Water Institute, già docente dell’Ateneo milanese – tuttavia è fondamentale estendere l’applicazione della Convenzione di Stoccolma ai POP esistenti non ancora controllati e ai nuovi contaminanti di recente o futura produzione”.