Il successo a metà del Concilio ortodosso senza la Russia

Il Papa: è un passo in avanti, al prossimo saranno di più

GIU 27, 2016 -

Roma, 27 giu. (askanews) – Per uno scherzo del calendario, il travagliato percorso del concilio ortodosso appena concluso si è intrecciato dall’inizio alla fine con la traiettoria di un jet russo abbattuto dai turchi a novembre. La tensione tra Mosca e Ankara salì a tal punto che l’incontro tra tutti i patriarchi ortodossi del mondo, convocato dopo oltre un millennio a Istanbul, fu spostato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli nell’isola greca di Creta. Il concilio si è concluso ieri. E oggi il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha inviato una lettera al presidente russo Vladimir Putin nella quale si scusa ed “esprime l’interesse a normalizzare la situazione legata alla morte del pilota militare russo” abbattuto dall’aviazione turca.

La politica, per il resto, è rimasta fuori dal Concilio ortodosso. O, almeno, la politica dei governi. Perché Creta è stata teatro di uno scontro tra diverse politiche ecclesiali. In particolare, mai riconvocato dopo il concilio di Nicea II del 787 né dopo lo scisma tra cattolici e ortodossi del 1054, desiderato da secoli, preparato da un mezzo secolo di discussioni e polemiche, a partire dalla conferenza di Rodi del 1961, annnciato da molti mesi, quello che doveva essere un consesso “pan-ortodosso” ha registrato, all’ultimo, il forfait di quattro Chiese su 14: quelle di Georgia, Antiochia, Bulgaria e, soprattutto, Russia.

Tra il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, e il patriarca ecumenico, Bartolomeo, le distanze sono molte. L’uno rappresenta l’anima russo-slava dell’ortodossia, l’altro l’anima greco-bizantina. Il patriarca di Costantinopoli ha un ruolo di “primus inter pares” tra i patriarchi delle diverse Chiese ortodosse, tutte autocefale, ossia autogovernate, che rappresentano i 300 milioni di ortodossi di tutto il mondo, ma rispetto al piccolo gregge di Istanbul il patriarca moscovita rappresenta la maggioranza degli ortodossi di tutto il mondo, almeno cento dei trecento milioni di fedeli. Un successo del sinodo di Creta avrebbe rafforzato Bartolomeo, cosa che Mosca guarda con un certo sospetto.

A dividere i due patriarchi, poi, ci sono anche altri motivi, a partire dall’influenza dell’uno o dell’altro patriarcato sulla diaspora ortodossa (non di rado danarosa) in America del nord e in Europa. E se Kirill, un solido legame con il Cremlino, ne condivide le posizioni in politica interna ed estera, dal contrasto alla legalizzazione delle nozze gay all’insistenza sul “genocidio” dei cristiani in Medio Oriente, Bartolomeo, un temperamento riformista e sociale, insiste su questioni come la cura dell’ambiente, l’ecumenismo, il tema della pace. Il rapporto con la modernità, conflittuale in Kirill, è dialogico in Bartolomeo.

Divergenze che hanno pesato fino alla mancata celebrazione di un concilio rappresentativo dell’intera comunità ortodossa. Alla fine, comunque, l’assemblea conciliare non solo ha adottato i sei testi che figuravano all’ordine del giorno (tra i temi toccati, ambiente, immigrazione, globalizzazione, dialogo ecumenico, persecuzione dei cristiani, famiglia) ma ha anche pubblicato un’enciclica e un importante “messaggio al popolo ortodosso e a tutte le persone di buona volontà”.

Non sono mancate, fino all’ultimo, polemiche. Le decisioni del concilio “saranno vincolanti” per tutte le Chiese ortodosse, “anche se una Chiesa non è presente, per sua scelta”, ha detto padre John Chryssavgis, portavoce del Patriarcato ecumenico. “Nella CHiesa non c’è stata democrazia sin dai primi secoli e non ci sarà in futuro”, ha replicato, a distanza, il vice-responsabile delle relazioni esterne del Patriarca di Mosca, il potere, nella Chiesa, “dipende da Dio”. Amareggiato per l’assenza di diverse Chiese, ad ogni modo, e riconoscendo che “non è stato tutto facile” e che “il fattore umano è stato presente”, Bartolomeo si è comunque rallegrato della concordia raggiunta e del messaggio di unità dato: “Abbiamo scritto insieme una pagina di storia, un nuovo capitolo nella storia contemporanea delle nostre Chiese”.

Da lontano, anche Papa Francesco ha osservato tutte le fasi del Concilio. Se in passato il papato è stato fonte di divisione nell’ecumene cristiana, oggi Francesco è diventato punto di riferimento anche tra leader cristiani che tra di loro non si parlano. Con Bartolomeo ha una sintonia che trascolora nell’amicizia, e infatti domani a pranzo riceve una delegazione del patriarcato di Costantinopoli in Vaticano, con Kirill Francesco ha avuto uno storico incontro, il primo della storia, a Cuba. L’ecumenismo, ha spiegato durante il suo viaggio in Armenia, “acquista un valore esemplare anche al di fuori dei confini visibili della comunità ecclesiale, e rappresenta per tutti un forte richiamo a comporre le divergenze con il dialogo e la valorizzazione di quanto unisce”, e inoltre “impedisce la strumentalizzazione e manipolazione della fede, perché obbliga a riscoprirne le genuine radici”.

Quanto al Concilio di Creta, ortodosso, ma non pan-ortodosso, “è stato fatto un passo avanti: non con il cento per cento, ma un passo avanti”, ha commentato sul volo che lo ha riportato a Roma. “Come i bambini, quando fanno il primo passo lo fanno come possono: il primo lo fanno come i gatti e poi fanno i primi passi. Io sono contento”. E al “prossimo” Concilio, “saranno di più”.