Lidia Macchi uccisa nel bosco dal compagno di liceo, tradito dalla poesia

In manette Stefano Binda. Il gip: raptus per pulsioni religiose

GEN 15, 2016 -

Milano, 15 gen. (askanews) – E’ Stefano Binda, classe 1967,l’uomo arrestato questa mattina dalla squadra mobile di Vareseper l’omicidio di Lidia Macchi, la studentessa ritrovata mortanel bosco di Cittiglio il 7 gennaio 1987. Stando alle indaginicondotte dal sostituto procuratore generale di Milano CarmenManfredda, Binda, ex compagno di liceo della vittima, avrebbeprima costretto l’amica a un rapporto sessuale non consenziente epoi l’avrebbe uccisa con 29 colpi di coltello. Un delitto, scriveil gip di Varese Anna Giorgetti nell’ordinanza di custodiacautelare in carcere, scatenato dal raptus di un uomo “in predaalle sue pulsioni religiose”.La svolta nelle indagini è arrivata nei mesi scorsi dopo latestimonianza resa agli inquirenti da Patrizia Bianchi, all’epocadei fatti amica di Lidia e del suo presunto assassino. Premessa:il 10 gennaio 1987, giorno dei funerali della studentessa, vennerecapitata alla famiglia Macchi una lettera anonima contenenteuna poesia dal titolo “in morte di un’amica”. Il testo conteneva”una descrizione quasi minuziosa della scena del crimine” eproprio per questo la prima impressione dei familiari di Lidiaera che “fosse stato scritto proprio dall’assassino”. La stessapoesia fu poi pubblicata a giugno scorso, quasi 29 anni dopo ildelitto, sulle pagine de “La Prealpina”, quotidiano locale diVarese. Patrizia Bianchi restò subito impressionata: “Mi colpivala grafia – ha fatto mettere a verbale nella deposizione del 24luglio scorso riportata nell’ordine di arresto – in quanto dasubito mi è parsa familiare ma nell’immediatezza non l’hoidentificata con una persona specifica. Così andavo a riprenderele cartoline che mi aveva spedito in quegli anni Stefano Binda econ sorpresa notavo una grande somiglianza della grafia”.Binda era già stato coinvolto nellaprimissima fase delle indagini sul delitto Macchi ma, grazie allacomplicità di un amico, si era creato un alibi di ferro: il 6gennaio, giorno della morte di Lidia – questa la sua versione deifatti fornita agli inquirenti dell’epoca – era in vacanza aSestriere, sulle Alpi piemontesi. Ma dopo la testimominanzadell’amica Patrizia, il cerchio degli inquirenti si è via viastretto intorno a lui. Il 29 settembre scorso è scattata unaperquisizione nella sua abitazione che, come precisa il gipGiorgetti, ha portato al sequstro di “numerosi reperti ritenutid’intersse investigativo”: una foto di Lidia e 4 agende dell’anno1987, alcune con le pagine dei giorni 6 e 7 gennaio strappate. Eancora: diversi appunti e un foglietto con la frase “Stefano è unbarbaro assassino” scritta con una grafia che “risultaascrivibile a quella dello stesso Binda”. La perizia grafologicadisposta dagli inquirenti ha poi evidenziato “concrete analogie”tra questi scritti e la poesia “in morte di un’amica”: avergarli, sottolinea ancora il gip, sarebbe stato “il medesimoautore, cioè Stefano Binda”.Nelle 29 pagine dell’ordinanza il giudice Giogetti descrive chetipo di rapporto era quello tra la vittima e il suo presuntoassassino: “Lidia Macchi e Stefano Binda si conoscono da tempo esono diventati buoni amici”. Tra loro, “il collante è il medisimoambiente culturale del movimento di Cl frequentato da questogruppo di giovani”. All’epoca Stefano è un giovane “dotato dibrillante intelligenza, molto colto” e “la sua personalità lorende carismatico, un leader nato”. Molto probabilmente “èattratto da Lidia e la corteggia e quest’ultima, per la fama diintellettuale dannato che il giovane si trascina dietro, ne ècompiaciuta, gratificata”. Già in quegli anni, precisa il gip,”Binda ha da qualche tempo conosciuto l’eroina e frequenta moltitossicodipendenti”.Ed ecco la descrizione del delitto. La sera del 6 gennaio 1987 idue si incontrano, “forse non così casualmente”, Stefano salesull’auto di Lidia ma questa “cede il volante al Binda che sa giàdove portarla, ai margini del bosco”. Una situazioneapparentemente normale: “I due conversano, si appartano in unluogo solitario e lì le pulsioni del giovane prendono ilsopravvento. Lidia subisce, certamente ha paura ma non sa chefare e soggiacere agli appetiti sessuali del Binda viene,compresibilmente, stimato il male minore”. Terminato l’amplesso,Stefano è “in preda alla sue pulsioni religiose” e appare”confuso, irato, delirante”. Così “perde la testa, estrae uncoltello e colplisce Lidia al torace e al collo”. Lidia cerca discappare, ma “pochi passi e Stefano le è addosso, la spinge giù.Lidia cade prona sul terreno e Stefano sferra in rapidasuccessione le 16 coltellate alla schiena”. Poi l’assassino copreil cadavere con un cartone, si allontana dal luogo del delitto eraggiunge a piedi la propria auto “scomparendo – come annota ilgiudice che ha disposto il suo arresto – nella notte gelida escomparendo per i successivi lunghi 29 anni”.fcz/Int2