Iraq: il 12 novembre 10 anni da Nassiriya. Resta lutto dopo polemiche

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(askanews) – Roma, 8 nov – Dal 2009 ogni anno il 12 novembre si celebra la ”Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace”. La data scelta e’ quella di un attentato costato la vita a 19 italiani e 9 iracheni: era il 2003, a Nassiriya, nel sud dell’Iraq, sede di importanti giacimenti petroliferi, un camion-cisterna condotto da un kamikaze esplodeva provando a forzare l’entrata di una delle due basi cittadine del contingente italiano, nello specifico la base ‘Maestrale’ dell’MSU dei Carabinieri, della missione di peacekeeping ‘Antica Babilonia’. Una strage. Muoiono i carabinieri Massimiliano Bruno, Giovanni Cavallaro, Giuseppe Coletta, Andrea Filippa, Enzo Fregosi, Daniele Ghione, Horacio Majorana, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Filippo Merlino, Alfio Ragazzi e Alfonso Trincone. Insieme a loro restano a terra i militari dell’esercito Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferraro e Pietro Petrucci. Muoiono anche civili italiani nel piazzale di quello che era anche denominato il compound ”Animal House”: sono il cooperante Marco Beci e il regista Stefano Rolla che con la sua troupe sta seguendo proprio l’attivita’ dei carabinieri italiani in terra d’Iraq. I feriti alla fine saranno 58, sempre tra carabinieri, militari dell’Esercito, civili italiani ed iracheni. La mappa di provenienza dei corpi e delle unita’ da cui provengono i militari italiani disegna tutta l’Italia tutta. Non e’ un caso se, nella coscienza collettiva nazionale del primo decennio del nuovo secolo, Nassiriya sia divenuta cosi’ simbolo e testimonianza, nelle decine e decine di strade e piazze italiane dedicate ai caduti di quell’attentato, da Nord a Sud dello stivale, del sacrificio per la pace dei soldati italiani nelle missioni internazionali ma anche oggetto di polemica per un dolore che, a detta di alcuni, si poteva forse evitare. Resta certo nella memoria quel pianto silenzioso di migliaia di italiani accorsi poi a Roma, in fila anche sotto la pioggia, per l’ultimo saluto alla camera ardente allestita nel Sacrario delle Bandiere del Vittoriano, quella scalinata del Milite Ignoto coperta di fiori, i funerali di Stato nella basilica di San Paolo fuori le mura, officiati dal cardinale Camillo Ruini, alla presenza delle piu’ alte autorita’ dello Stato. Insieme a chi ancora ha dubbi, che due inchieste, una militare e l’altra della magistratura civile, non hanno del tutto chiarito. Le conclusioni dell’Esercito furono che i compounds in area urbana, cosi’ vicini (l’altra base dei Carabinieri dell’Italian Joint Task Force, la Libeccio, era a poche centinaia di metri e rimase ugualmente danneggiata), posizionati su una strada non chiusa al traffico, hanno significato logisticamente parlando un grave errore. Le basi dell’Esercito distavano infatti chilometri, comunque fuori citta’, e non hanno subito attacchi di questo livello. Per i carabinieri invece il fatto che a realizzare l’attentato siano state unita’ provenienti da fuori Nassiriya (mandante Al Zarqawi o piu’ probabilmente cellule libanesi) sta sufficientemente a dimostrare come la scelta ”aperta” della quarta forza verso la popolazione locale sia stata ripagata dall’assenza di atti ostili diretti da parte dei cittadini di Nassiriya. Per la giustizia ordinaria invece, detto dei probabili mandanti, tutti assolti i comandanti italiani. La liberta’ d’azione del commando terrorista, bloccato sulla porta della base solo dalla pronta reazione del carabiniere Andrea Filippa che inchioda gli autisti al volante appena superato il cancello del compound, potrebbe cozzare, militarmente parlando, con episodi peraltro controversi con protagoniste forze armate di altri Paesi. Come per la vicenda di Nicola Calipari e quei colpi di mitragliatore omicidi disciplinatamente esplosi dal soldato Usa Lozano al ‘check point’ di Baghdad il 4 marzo 2005 sulla vettura utilizzata dall’agente dei servizi per riportare verso la liberta’ la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena appena rilasciata dai sequestratori. Storie non comparabili. A dieci anni dall’attacco, i caduti di Nassiriya pero’ alimentano ancora polemiche e la domanda rimane nell’aria: con regole d’ingaggio piu’ determinate, in un’area piu’ difendibile perche’ esterna al centro urbano quel camion sarebbe stato fermato prima evitando la strage? Lo sostiene ad esempio il procuratore militare Antonino Intelisano, che il 31 gennaio scorso ha chiesto che i familiari delle vittime di Nasiriyya debbano ottenere risarcimento da parte dello Stato, affermando che non si ”difese correttamente la base” e che ”se fossero state approntate le misure necessarie, si sarebbe evitata una tragedia di questa entita”’. gbt-gc/