Morte pusher: Pm, Stato responsabile. Ma non e’ un nuovo caso Cucchi

GEN 4, 1304 -

(askanews) – Roma, 7 ago – ”Lo Stato e’ responsabile della morte di Kaies Bohli e ora deve farsene carico”. Lo afferma, in un’intervista al Secolo XIX, il procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, che indaga sulla morte del pusher tunisino 36enne deceduto lo scorso 5 giugno nell’ospedale di Sanremo, circa un’ora dopo essere stato bloccato dai carabinieri in un parcheggio di Riva Ligure perche’ sorpreso a spacciare eroina. Tre militari sono ora indagati per omicidio colposo anche se e’ lo stesso pm a chiarire che ”non siamo davanti a un nuovo caso Cucchi”. Ad avallare le sue affermazioni il procuratore cita l’esito dell’autopsia effettuata sul corpo dell’uomo i cui polmoni ”presentano aspetti complessivamente coerenti con alterazioni riscontrabili in deficienza di ossigeno acuta”. ”Sostanzialmente – scrive il Secolo XIX – l’ipotesi che fa il medico legale e’ che al momento dell’arresto, o durante il trasporto in auto fino alla vicina caserma di Santo Stefano al Mare, sia stato in qualche modo impedito a Kaies Bohli di respirare, di espandere la cassa toracica, e questo ha determinato, in una persona che gia’ era in carenza di ossigeno perche’ proveniva da una violenza colluttazione,come un atleta che dopo un’attivita’ fisica ha un debito di ossigeno notevole, l’insorgere di una crisi. A Bohli e’ stato impedito di respirare per un lasso di tempo compreso tra uno e tre minuti”. ”Quando Kaies Bohli – sottolinea il pm – e’ morto, era sotto la responsabilita’ delle istituzioni, dello Stato e al di la’ di quello che poteva aver commesso questa persona, in quel momento o in passato, la vita e’ sacra”. Pertanto, secondo Cavallone, ”questa e’ una morte di cui lo Stato italiano deve farsi carico e di cui deve chiedere scusa al popolo tunisino e alla famiglia di Kaies Bohli”. Il pm aggiunge, dunque che ”ci sara’ sicuramente un processo, e non sara’ un processo facile”, ma precisa come ”non siamo davanti a un nuovo caso Cucchi: i carabinieri hanno usato legittimamente la forza per tenere ferma una persona arrestata, per questo si parla di omicidio colposo”, conclude Cavallone. stt/lus