Carceri/Viterbo: agenti contro direzione, a volte maniere forti servono

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(askanews) – Roma, 5 ago – ”Non e’ possibile chiederci diintervenire a mani nude”. Questa l’istanza degli agenti dipolizia penitenziaria del carcere Mammagialla di Viterboattualmente in stato di agitazione per richiedere larimozione del direttore, Teresa Mascolo, colpevole, a lorodire, di avallare una linea troppo ‘morbida’ in un carcere dimassima sicurezza come quello della provincia laziale che”non e’ un carcere normale come gli altri”.

Ad un anno e mezzo dall’insediamento di Mascolo lo scontrodi visione con gli addetti alla sicurezza penitenziaria si e’trasformato in un vero braccio di ferro dopo che, alla finedi giugno, nella casa circondariale di Mammagialla si sonoregistrate quattro aggressioni in 16 giorni da parte didetenuti ai danni degli agenti.

”Il carcere di Viterbo non e’ un carcere normale inquanto ospita circa 200 detenuti con problemi psichiatrici,ad alto livello di pericolosita’, in un quadro gia’ grave disovraffollamento che vede un totale di circa 750 detenuti afronte di una capienza di 444. Noi agenti, invece, siamo inforte sottorganico, di circa 225 unita”’, premette all’AscaDaniele Nicastrini della UilPa, una delle sigle sindacali cheinsieme a Sappe, Osapp, Sinappe, CislFns, Cnpp e Cgilfp,sottoscrive la protesta in corso.

La decisione piu’ contestata al direttore Mascolo e’quella di limitare fortemente l’utilizzo da parte degliagenti dei ‘dispositivi di protezione individuale’,principalmente scudi ma, in casi estremi, anche manganelli ealtri strumenti offensivi. ”Una cosa e’ bene precisare: anche se chiediamol’avvicendamento del direttore, il nostro problema piu’grande e’ con il provveditorato a Roma, con il poterecentrale che non interviene sul grave problema disovraffolamento della struttura di Viterbo”, precisa LucaFloris, coordinatore locale del Sappe, il principalesindacato di polizia penitenziaria. Il quale sottolinea anchecome ”in ogni caso non ci stiamo a passare come gli aguzzinidella situazione: non cerchiamo teste da rompere o sangue dafar sgorgare, chiediamo solo di poterci difendere insituazioni di vera criticita’ con strumenti adeguati e nelpieno rispetto del nostro mandato istituzionale”.

In luogo delle ‘maniere forti’, il direttore Mascolochiede agli agenti di polizia penitenziaria di ”curare unasana relazione con le persone ristrette, improntata acorrettezza e trasparenza anche quando si fornisce unarisposta negativa”. Lo si legge nell’ordine di serviziofirmato lo scorso novembre dal direttore e dato in visionedagli stessi sindacati, dal momento che Mascolo e’impossibilitata alla replica, vincolata dal silenzio stampa.

Ma la via del ‘solo dialogo’ non convince gli addetti ailavori ”costretti adesso ad affrontare a mani nude sputi,schizzi di sangue e aggressioni fisiche quando si verificanosituazioni di estrema criticita’ legate a detenuti moltodelicati dal punto di vista della gestione, che non possonoessere affrontate ‘con un fiorellino’ come vorrebbe la nostradirettrice”, afferma Nicastrini di UilPa. In generale, ”dopo 20anni in cui il carcere di Viterbo e’stato considerato esemplare da Roma al punto da continuare adinviarvi detenuti difficili, che in altri istitutiresistevano appena pochi giorni, adesso si e’ rotto unequilibrio”, illustra Gino Federici di Cgil FP. Tutti e trei rappresentanti sindacali interpellati concordano in talsenso nell’individuare ”un senso di impunita’ sempre piu’diffuso” tra i reclusi dopo l’insediamento dell’attualedirettore. ”Per la prima volta in due decenni – aggiugeFederici – c’e’ stato un accoltellamento tra detenuti in unpassaggio: una lama di 20 cm non si era mai vista prima traqueste celle”.

In questa situazione ”chiediamo che ci vengano impartitedirettive precise su come reagire in caso di necessita’poiche’ – sostiene Floris del Sappe – si sta creando ilparadosso per cui agenti in tenuta antisommossa sonoautorizzati a usare la forza contro liberi cittadini cheabusano, ad esempio, del loro diritto legittimo dimanifestare, mentre non possono farvi ricorso nel caso dipersone ristrette che, non rispettando le regole, mettono arischio la sicurezza personale di quanti vivono tra le muracarcerarie”.

Da parte sua, il provveditorato regionale del Lazio delministero della Giustizia ha assicurato in una missivaindirizzata ai sindacati di ”aver provveduto a sollecitarevivamente la competente direzione generale dei detenuti adautorizzare un itervento di sfollamento, peraltro gia’richiesto da tempo, di circa 250 detenuti della RegioneLazio, nel quale sono ricompresi anche un certo numero diristretti presso il carcere di Viterbo”.

Una goccia nel mare, comunque, che separa la posizionedegli agenti penitenziari da quella del loro direttore.

stt/gc